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Archivi del mese: Aprile 2014

Credere, via che dona vita e libertà

incredulita-di-san-tommasoI discepoli erano chiusi in casa per pau­ra dei Giudei. Hanno tradito, sono scappati, hanno paura: che cosa di me­no affidabile di quel gruppetto allo sban­do? E tuttavia Gesù viene. Una comunità dove non si sta bene, porte e finestre sbar­rate, dove manca l’aria. E tuttavia Gesù viene. Non al di sopra, non ai margini, ma, dice il Vangelo «in mezzo a loro». E dice: Pa­ce a voi. Non si tratta di un augurio o di u­na promessa, ma di una affermazione: la pace è. È scesa dentro di voi, è iniziata e viene da Dio. È pace sulle vostre paure, sui vostri sensi di colpa, sui sogni non raggiunti, sulle insoddisfazioni che scolorano i gior­ni.

Poi dice a Tommaso: Metti qui il tuo di­to; tendi la tua mano e mettila nel mio fian­co. Gesù va e viene per porte chiuse, nel ven­to sottile dello Spirito. Anche Tommaso va e viene da quella stanza, entra ed esce, li­bero e coraggioso. Gesù e Tommaso, loro due soli cercano. Si cercano. Tommaso non si era accontentato delle parole degli altri dieci; non di un raccon­to aveva bisogno ma di un incontro con il suo Maestro. Che viene con rispetto tota­le: invece di imporsi, si propone; invece di ritrarsi, si espone alle mani di Tommaso: Metti, guarda; tendi la mano, tocca. La risurrezione non ha richiuso i fori dei chiodi, non ha rimarginato le labbra del­le ferite. Perché la morte di croce non è un semplice incidente da superare: quelle fe­rite sono la gloria di Dio, il punto più alto dell’amore, e allora resteranno eterna­mente aperte. Su quella carne l’amore ha scritto il suo racconto con l’alfabeto delle ferite, indelebili ormai come l’amore stes­so.

Il Vangelo non dice che Tommaso abbia davvero toccato, messo il dito nel foro. A lui è bastato quel Gesù che si ripropone, ancora una volta, un’ennesima volta, con questa umiltà, con questa fiducia, con questa libertà, che non si stanca di venire incontro. È il suo stile, è Lui, non ti puoi sbagliare. Allora la risposta: Mio Signore e mio Dio. Mio come il respiro e, senza, non vivrei. Mio come il cuore e, senza, non sa­rei. Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Grande educatore, Gesù. Educa alla li­bertà, ad essere liberi dai segni esteriori, e alla serietà delle scelte, come ha fatto con Tommaso. Che bello se anche nella Chie­sa, come nella prima comunità, fossimo e­ducati più alla consapevolezza che all’ub­bidienza; più all’approfondimento che al­la docilità. Queste cose sono state scritte perché cre­diate in Gesù, e perché, credendo, abbia­te la vita. Credere è l’opportunità per es­sere più vivi e più felici, per avere più vita: «ecco io carezzo la vita, perché profuma di Te!» (Rumi).

P. Ermes Ronchi

I battesimi di Pasqua durante la messa di sabato notte

Giovedì Santo 2014

Giovedì Santo è il momento cruciale della vita liturgica: nell’arco di una giornata, la Chiesa contempla l’ultima aurora del tempo quaresimale e il tramonto del primo giorno del Triduo pasquale (triduo significa “tres dies”, ossia tre giorni (Giovedì, Venerdì e Sabato Santo)) che ci conducono verso la Pasqua, il giorno della Resurrezione, in cui trionfa la speranza seppur passando, nei giorni precedenti, attraverso la triste memoria della Croce.

 

Chi abbraccia la croce ha la forza di risorgere

croce10Il racconto della morte di Gesù in croce è la lettura più bella e re­gale di tutto l'anno. E mentre i credenti di tutte le fedi invocano Dio nei giorni della loro sofferenza, ora i cristiani vanno a Dio nei giorni del­la sua sofferenza (Bonhoeffer).

La croce è l'immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. 'Per sa­pere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce' (non è un semplice devoto a dirlo, ma Karl Rahner, uno tra i più grandi teologi del '900).

E vedo un uomo nudo in­chiodato e morente. Un uomo con le braccia spa­lancate in un abbraccio che non si rinnegherà in eterno. Vedo un uomo che non chiede niente per sé, non grida da lì in cima: ricordatemi, cercate di ca­pire, difendetemi… Fino all'ultimo dimentica se stesso e si preoccupa di chi gli muore a fianco: og­gi, con me, sarai nel para­diso.

Fondamento della fede cristiana è la cosa più bel­la del mondo: un atto di a­more. Allora la suprema bellezza della storia è quella accaduta fuori Ge­rusalemme, sulla collina del Golgota, dove il Figlio di Dio si lascia inchioda­re, povero e nudo, per mo­rire d'amore.

La croce è l'innesto del cielo dentro la terra, il punto dove un amore e­terno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa. Sul Calvario l'amore scrive il suo rac­conto con l'alfabeto delle ferite, l'unico indelebile, l'unico in cui non c'è in­ganno.

Da qui la commozione, poi lo stupore, e anche l'innamoramento. Dopo duemila anni sentiamo anche noi come le donne, il centurione, il ladro, che nella Croce c'è la suprema attrazione di Dio.

La croce rimane una do­manda sempre aperta, di fronte ad essa so di non capire. Ma alla fine la cro­ce vince perché convince, e lo fa non attraverso le spiegazioni dei teologi, ma con l'eloquenza del cuore: Perché la croce / il sorriso / la pena inumana?/ Credimi / è così semplice / quando si ama. (Jan Twardowski) «Tu che hai salvato gli al­tri, salva te stesso, se sei il Cristo». Lo dicono tutti, capi, soldati, il ladro: «se sei Dio, fa' un miracolo, conquistaci, imponiti, scendi dalla croce, allora crederemo». Qualsiasi uo­mo, qualsiasi re, potendo­lo, scenderebbe dalla cro­ce. Lui, no. Solo un Dio non scende dalla croce, solo il nostro Dio. Perché i suoi figli non ne possono scendere. Allora è solo la croce che toglie ogni dub­bio, non c'è inganno sul le­gno, nei chiodi.

Ogni nostro grido, ogni dolore dell'uomo, la soffe­renza incomprensibile possono sembrare una sconfitta. Ma se noi ci ag­grappiamo alla Croce, al­lora veniamo anche presi dentro la forza del suo ri­sorgere, che ha il potere, senza che noi sappiamo come, di far tremare la pie­tra di ogni nostro sepolcro e di farvi entrare il respiro del mattino.

P. Ermes Ronchi

Pellegrinaggio a Pompei

Grazie, grazie, grazie! Un triplice grazie al Signore Gesù che ci ispira e alla Madonna del Rosario di Pompei, nostra meta, al nostro Parroco Padre Valeriano Montini, infaticabile guida di questo pellegrinaggio ricco di bellezze spirituali, e non solo.

Pompei: la sola parola evoca tenerezza reciproca tra la Madre celeste e il popolo di Dio.

Chi tra noi non è ancora stato a Pompei? Eppure non si esaurisce il desiderio di tornarvi, tant’è che sono stati necessari due pullman per questo pellegrinaggio (il secondo è previsto per il 9 aprile).

Partiamo puntuali alle 6:30 e il Parroco crea subito un’atmosfera spirituale vibrante introducendoci alla straordinaria bellezza ed efficacia della Parola di Dio, spiegando i salmi delle lodi e descrivendoci i tratti inizialmente controversi della vita del Beato Bartolo Longo, alla cui instancabile opera si deve la Basilica e tutto il complesso delle strutture di carità della nuova Pompei […]

A cura di Teresa Zicchieri Medici

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pompei

Programma della Settimana Santa

 

13-Apr Domenica delle Palme Ore 09:00 Piazza Caduti, ben. Ulivi – Processione
14-Apr Lunedì Santo Ore 16:00 Consegna tuniche della 1° Comunione
15-Apr Martedì Santo Ore 21:00 Celebrazione Penitenziale per adulti
17-Apr Giovedì Santo Ore 16:00 Celebrazione per ragazzi
    Ore 21:00 Celebr. Della Cena del Signore
19-Apr Venerdì Santo Ore 15:00 Via Crucis per ragazzi
    Ore 21:00 Liturgia della Passione + Adorazione
19-Apr Sabato Santo Ore 23:00 Veglia solenne di Pasqua, Battesimi
20-Apr Domenica di Pasqua   SS Messe Orario domenicale
21-Apr Lunedì dell'Angelo   SS Messe: 08:30, 11:00, 19:00

 

Risuscitati perché amati

Schermata 2014-04-07 alle 14.21.32Gesù è faccia a faccia con l'amicizia e con la morte, con l'a­more e il dolore, le due forze che reggono ogni cuore; lo vediamo coinvolto fino a fremere, piangere, commuo­­versi, gridare come in nessun'altra pagina del Vangelo.

Di Lazza­ro sappiamo solo che era fratello di Marta e Maria e che Gesù era suo amico: perché amico è un nome di Dio. Per lui l'Amico pronuncia due tra le parole più importanti del Van­gelo: «Io sono la risurrezione e la vita». Non: io sarò la vita, in un domani lontano e scolorito, ma qui, adesso, al presente: io sono. Notiamo la disposizione delle due parole: prima viene la Risurre­zione e poi la Vita. Noi siamo già risorti nel Signore; risorti da tutte le vite spente e im­mobili, risorti dal non senso e dal disamore, che sono la malattia mortale dell'uomo. Prima viene questa liberazione, e da qui una vita capace di superare la morte. Risuscitati perché amati: il vero nemico della morte non è la vita, ma l'amore, «forte come la morte è l'amore, tenace come il regno dei morti» (Cantico 8,6). Noi tutti risorgiamo perché Qualcuno ci ama, come accade a Lazzaro riconsegnato alla vita dall'amore fi­no alle lacrime di Gesù.

Io invidio Lazzaro, e non perché esce dal­la grotta di morte, ma perché è circondato da una folla di perso­ne che gli vogliono bene. La sua fortuna è l'amicizia, la sua san­tità è l'assedio dell'amore. Lazzaro, vieni fuori! e Lazzaro esce avvolto in bende come un neo­nato. Morirà una seconda volta, è vero, ma ormai gli si spalanca davanti un'altissima speranza: Qualcuno è più forte della morte. Liberatelo e lasciatelo andare! Parole che ripete anche a ciascuno di noi: vieni fuori dal tuo piccolo angolo; liberati come si liberano le vele, come si sciolgono i nodi della paura. Libera­ti da ciò che ti impedisce di camminare in questo giardino che sa di primavera. E poi: lasciatelo andare: dategli una strada, orizzonti, perso­ne da incontrare e una stella polare per un viaggio che con­duca più in là. Gesù mette in fila i tre imperativi di ogni ripartenza: esci, liberati e vai! Quante volte sono morto, quante volte mi sono addormen­­tato, mi sono chiuso in me: era finito l'olio nella lampada, era fi­nita la voglia di amare e di vivere. In qualche grotta oscura dell'a­nima una voce diceva: non mi interessa più niente, né Dio, né a­mori, né altro; non vale la pena vivere. E poi un seme ha cominciato a germogliare, non so da dove, non so perché. Una pietra si è smossa, è filtrato un raggio di sole, un gri­do di amico ha spezzato il silenzio, delle lacrime hanno bagnato le mie bende. E ciò è accaduto per segrete, misteriose, sconvolgenti ragioni d'amore: era Dio in me, amore più forte della morte.

Padre Ermes Ronchi

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