Credere, via che dona vita e libertà
I discepoli erano chiusi in casa per paura dei Giudei. Hanno tradito, sono scappati, hanno paura: che cosa di meno affidabile di quel gruppetto allo sbando? E tuttavia Gesù viene. Una comunità dove non si sta bene, porte e finestre sbarrate, dove manca l’aria. E tuttavia Gesù viene. Non al di sopra, non ai margini, ma, dice il Vangelo «in mezzo a loro». E dice: Pace a voi. Non si tratta di un augurio o di una promessa, ma di una affermazione: la pace è. È scesa dentro di voi, è iniziata e viene da Dio. È pace sulle vostre paure, sui vostri sensi di colpa, sui sogni non raggiunti, sulle insoddisfazioni che scolorano i giorni.
Poi dice a Tommaso: Metti qui il tuo dito; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco. Gesù va e viene per porte chiuse, nel vento sottile dello Spirito. Anche Tommaso va e viene da quella stanza, entra ed esce, libero e coraggioso. Gesù e Tommaso, loro due soli cercano. Si cercano. Tommaso non si era accontentato delle parole degli altri dieci; non di un racconto aveva bisogno ma di un incontro con il suo Maestro. Che viene con rispetto totale: invece di imporsi, si propone; invece di ritrarsi, si espone alle mani di Tommaso: Metti, guarda; tendi la mano, tocca. La risurrezione non ha richiuso i fori dei chiodi, non ha rimarginato le labbra delle ferite. Perché la morte di croce non è un semplice incidente da superare: quelle ferite sono la gloria di Dio, il punto più alto dell’amore, e allora resteranno eternamente aperte. Su quella carne l’amore ha scritto il suo racconto con l’alfabeto delle ferite, indelebili ormai come l’amore stesso.
Il Vangelo non dice che Tommaso abbia davvero toccato, messo il dito nel foro. A lui è bastato quel Gesù che si ripropone, ancora una volta, un’ennesima volta, con questa umiltà, con questa fiducia, con questa libertà, che non si stanca di venire incontro. È il suo stile, è Lui, non ti puoi sbagliare. Allora la risposta: Mio Signore e mio Dio. Mio come il respiro e, senza, non vivrei. Mio come il cuore e, senza, non sarei. Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Grande educatore, Gesù. Educa alla libertà, ad essere liberi dai segni esteriori, e alla serietà delle scelte, come ha fatto con Tommaso. Che bello se anche nella Chiesa, come nella prima comunità, fossimo educati più alla consapevolezza che all’ubbidienza; più all’approfondimento che alla docilità. Queste cose sono state scritte perché crediate in Gesù, e perché, credendo, abbiate la vita. Credere è l’opportunità per essere più vivi e più felici, per avere più vita: «ecco io carezzo la vita, perché profuma di Te!» (Rumi).
P. Ermes Ronchi
Giovedì Santo 2014
Giovedì Santo è il momento cruciale della vita liturgica: nell’arco di una giornata, la Chiesa contempla l’ultima aurora del tempo quaresimale e il tramonto del primo giorno del Triduo pasquale (triduo significa “tres dies”, ossia tre giorni (Giovedì, Venerdì e Sabato Santo)) che ci conducono verso la Pasqua, il giorno della Resurrezione, in cui trionfa la speranza seppur passando, nei giorni precedenti, attraverso la triste memoria della Croce.
Chi abbraccia la croce ha la forza di risorgere
Il racconto della morte di Gesù in croce è la lettura più bella e regale di tutto l'anno. E mentre i credenti di tutte le fedi invocano Dio nei giorni della loro sofferenza, ora i cristiani vanno a Dio nei giorni della sua sofferenza (Bonhoeffer).
La croce è l'immagine più pura e più alta che Dio ha dato di se stesso. 'Per sapere chi sia Dio devo solo inginocchiarmi ai piedi della Croce' (non è un semplice devoto a dirlo, ma Karl Rahner, uno tra i più grandi teologi del '900).
E vedo un uomo nudo inchiodato e morente. Un uomo con le braccia spalancate in un abbraccio che non si rinnegherà in eterno. Vedo un uomo che non chiede niente per sé, non grida da lì in cima: ricordatemi, cercate di capire, difendetemi… Fino all'ultimo dimentica se stesso e si preoccupa di chi gli muore a fianco: oggi, con me, sarai nel paradiso.
Fondamento della fede cristiana è la cosa più bella del mondo: un atto di amore. Allora la suprema bellezza della storia è quella accaduta fuori Gerusalemme, sulla collina del Golgota, dove il Figlio di Dio si lascia inchiodare, povero e nudo, per morire d'amore.
La croce è l'innesto del cielo dentro la terra, il punto dove un amore eterno penetra nel tempo come una goccia di fuoco, e divampa. Sul Calvario l'amore scrive il suo racconto con l'alfabeto delle ferite, l'unico indelebile, l'unico in cui non c'è inganno.
Da qui la commozione, poi lo stupore, e anche l'innamoramento. Dopo duemila anni sentiamo anche noi come le donne, il centurione, il ladro, che nella Croce c'è la suprema attrazione di Dio.
La croce rimane una domanda sempre aperta, di fronte ad essa so di non capire. Ma alla fine la croce vince perché convince, e lo fa non attraverso le spiegazioni dei teologi, ma con l'eloquenza del cuore: Perché la croce / il sorriso / la pena inumana?/ Credimi / è così semplice / quando si ama. (Jan Twardowski) «Tu che hai salvato gli altri, salva te stesso, se sei il Cristo». Lo dicono tutti, capi, soldati, il ladro: «se sei Dio, fa' un miracolo, conquistaci, imponiti, scendi dalla croce, allora crederemo». Qualsiasi uomo, qualsiasi re, potendolo, scenderebbe dalla croce. Lui, no. Solo un Dio non scende dalla croce, solo il nostro Dio. Perché i suoi figli non ne possono scendere. Allora è solo la croce che toglie ogni dubbio, non c'è inganno sul legno, nei chiodi.
Ogni nostro grido, ogni dolore dell'uomo, la sofferenza incomprensibile possono sembrare una sconfitta. Ma se noi ci aggrappiamo alla Croce, allora veniamo anche presi dentro la forza del suo risorgere, che ha il potere, senza che noi sappiamo come, di far tremare la pietra di ogni nostro sepolcro e di farvi entrare il respiro del mattino.
P. Ermes Ronchi
Pellegrinaggio a Pompei
Grazie, grazie, grazie! Un triplice grazie al Signore Gesù che ci ispira e alla Madonna del Rosario di Pompei, nostra meta, al nostro Parroco Padre Valeriano Montini, infaticabile guida di questo pellegrinaggio ricco di bellezze spirituali, e non solo.
Pompei: la sola parola evoca tenerezza reciproca tra la Madre celeste e il popolo di Dio.
Chi tra noi non è ancora stato a Pompei? Eppure non si esaurisce il desiderio di tornarvi, tant’è che sono stati necessari due pullman per questo pellegrinaggio (il secondo è previsto per il 9 aprile).
Partiamo puntuali alle 6:30 e il Parroco crea subito un’atmosfera spirituale vibrante introducendoci alla straordinaria bellezza ed efficacia della Parola di Dio, spiegando i salmi delle lodi e descrivendoci i tratti inizialmente controversi della vita del Beato Bartolo Longo, alla cui instancabile opera si deve la Basilica e tutto il complesso delle strutture di carità della nuova Pompei […]
A cura di Teresa Zicchieri Medici
Continua la lettura:
Programma della Settimana Santa
13-Apr | Domenica delle Palme | Ore 09:00 | Piazza Caduti, ben. Ulivi – Processione |
14-Apr | Lunedì Santo | Ore 16:00 | Consegna tuniche della 1° Comunione |
15-Apr | Martedì Santo | Ore 21:00 | Celebrazione Penitenziale per adulti |
17-Apr | Giovedì Santo | Ore 16:00 | Celebrazione per ragazzi |
Ore 21:00 | Celebr. Della Cena del Signore | ||
19-Apr | Venerdì Santo | Ore 15:00 | Via Crucis per ragazzi |
Ore 21:00 | Liturgia della Passione + Adorazione | ||
19-Apr | Sabato Santo | Ore 23:00 | Veglia solenne di Pasqua, Battesimi |
20-Apr | Domenica di Pasqua | SS Messe Orario domenicale | |
21-Apr | Lunedì dell'Angelo | SS Messe: 08:30, 11:00, 19:00 |
Risuscitati perché amati
Gesù è faccia a faccia con l'amicizia e con la morte, con l'amore e il dolore, le due forze che reggono ogni cuore; lo vediamo coinvolto fino a fremere, piangere, commuoversi, gridare come in nessun'altra pagina del Vangelo.
Di Lazzaro sappiamo solo che era fratello di Marta e Maria e che Gesù era suo amico: perché amico è un nome di Dio. Per lui l'Amico pronuncia due tra le parole più importanti del Vangelo: «Io sono la risurrezione e la vita». Non: io sarò la vita, in un domani lontano e scolorito, ma qui, adesso, al presente: io sono. Notiamo la disposizione delle due parole: prima viene la Risurrezione e poi la Vita. Noi siamo già risorti nel Signore; risorti da tutte le vite spente e immobili, risorti dal non senso e dal disamore, che sono la malattia mortale dell'uomo. Prima viene questa liberazione, e da qui una vita capace di superare la morte. Risuscitati perché amati: il vero nemico della morte non è la vita, ma l'amore, «forte come la morte è l'amore, tenace come il regno dei morti» (Cantico 8,6). Noi tutti risorgiamo perché Qualcuno ci ama, come accade a Lazzaro riconsegnato alla vita dall'amore fino alle lacrime di Gesù.
Io invidio Lazzaro, e non perché esce dalla grotta di morte, ma perché è circondato da una folla di persone che gli vogliono bene. La sua fortuna è l'amicizia, la sua santità è l'assedio dell'amore. Lazzaro, vieni fuori! e Lazzaro esce avvolto in bende come un neonato. Morirà una seconda volta, è vero, ma ormai gli si spalanca davanti un'altissima speranza: Qualcuno è più forte della morte. Liberatelo e lasciatelo andare! Parole che ripete anche a ciascuno di noi: vieni fuori dal tuo piccolo angolo; liberati come si liberano le vele, come si sciolgono i nodi della paura. Liberati da ciò che ti impedisce di camminare in questo giardino che sa di primavera. E poi: lasciatelo andare: dategli una strada, orizzonti, persone da incontrare e una stella polare per un viaggio che conduca più in là. Gesù mette in fila i tre imperativi di ogni ripartenza: esci, liberati e vai! Quante volte sono morto, quante volte mi sono addormentato, mi sono chiuso in me: era finito l'olio nella lampada, era finita la voglia di amare e di vivere. In qualche grotta oscura dell'anima una voce diceva: non mi interessa più niente, né Dio, né amori, né altro; non vale la pena vivere. E poi un seme ha cominciato a germogliare, non so da dove, non so perché. Una pietra si è smossa, è filtrato un raggio di sole, un grido di amico ha spezzato il silenzio, delle lacrime hanno bagnato le mie bende. E ciò è accaduto per segrete, misteriose, sconvolgenti ragioni d'amore: era Dio in me, amore più forte della morte.
Padre Ermes Ronchi
Commenti recenti