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Family Day, Sabato 30 Gennaio

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Nella festa di nozze il principe dei segni, il capostipite

Cana_di_GalileaL’intero Israele risuonava del lamento di schiavi e lebbrosi, e Gesù sembra ignorarli e inizia il suo ministero ma da una festa di nozze. Anziché asciugare lacrime, colma le coppe di vino.
Sembra indifferenza davanti al dolore dei poveri, la scelta di qualcosa di secondario di fronte al dramma del mondo, eppure il vangelo chiama questo il “principe dei segni”, il capostipite di tutti.
Gesù vuole trasmettere a Cana il principio decisivo della relazione che unisce Dio e l’umanità. Tra uomo e Dio corre un rapporto nuziale, con tutta la sua tavolozza di emozioni forti e buone: amore, festa, dono, eccesso, gioia. Un legame sponsale, non un rapporto giudiziario o penitenziale, lega Dio e noi, un vino di festa.
A Cana Gesù partecipando a una festa di nozze proclama il suo atto di fede nell’amore umano. Lui crede nell’amore, lo benedice, lo rilancia con il suo primo prodigio, lo collega a Dio. Perché l’amore è il primo segnale indicatore da seguire sulle strade del mondo, un evento sempre decretato dal cielo.
Gesù prende l’amore umano e lo fa simbolo e messaggio del nostro rapporto con Dio. Anche credere in Dio è una festa, anche l’incontro con Dio genera vita, porta fioriture di coraggio, una primavera ripetuta.
A lungo abbiamo pensato che Dio fosse amico del sacrificio e della gravità, e così abbiamo ricoperto il vangelo con un velo di tristezza. Invece no, a Cana ci sorprende un Dio che gode della gioia degli uomini e se ne prende cura. «Dobbiamo amare e trovare Dio precisamente nella nostra vita e nel bene che ci dà. Trovarlo e ringraziarlo nella nostra felicità terrena» (Bonhoeffer).
Ma ecco che «viene a mancare il vino». Il vino, in tutta la Bibbia, è il simbolo dell’amore felice tra uomo e donna, tra uomo e Dio. Felice e sempre minacciato. Non hanno più vino, esperienza che tutti abbiamo fatto, quando stanchezza e ripetizione prendono il sopravvento. Quando ci assalgono mille dubbi, quando gli amori sono senza gioia, le case senza festa, la fede senza passione.
Ma c’è il punto di svolta del racconto. Maria, la donna attenta a ciò che accade nel suo spazio vitale, sapiente della sapienza del Magnificat (sa che Dio sazia gli affamati di vita) indica la strada: «Qualunque cosa vi dica, fatela».
Fate ciò che dice, fate il suo Vangelo, rendetelo gesto e corpo, sangue e carne. E si riempiranno le anfore vuote del cuore.
Fate il vangelo, e si trasformerà la vita, da vuota a piena, da spenta a felice. Più vangelo è uguale a più vita. Più Dio equivale a più io. Viene come un di più sorprendente, come vino immeritato e senza misura, un seme di luce. Ho tanta fiducia in Lui, perché non dei miei meriti tiene conto, ma solo del mio bisogno.

P. Ermes Ronchi

Se lo Spirito incendia il legno secco del nostro cuore

battesimoViene dopo di me colui che è più forte di me e vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco, vi immergerà nel vento e nel fuoco di Dio. Bella definizione del cristiano: Tu sei ‘uno immerso’ nel vento e nel fuoco, ricco di vento e di fuoco, di libertà e calore, di energia e luce, ricco di Dio.
Il fuoco è il simbolo che riassume tutti gli altri simboli di Dio. Nel van­gelo di Tommaso Gesù afferma: sta­re vicino a me è stare vicino al fuo­co. Il fuoco è energia che trasforma le cose, è la risurrezione del legno secco del nostro cuore e la sua trasfigurazione in luce e calore.
Il vento: alito di Dio soffiato sul­l’argilla di Adamo, vento leggero in cui passa Dio sull’Oreb, vento pos­sente di Pentecoste che scuote la casa. La Bibbia è un libro pieno di un vento che viene da Dio, che ama gli spazi aperti, riempie le for­me e passa oltre, che non sai da do­ve viene e dove va, fonte di libere vi­te.
Battesimo significa immersione. U­no dei più antichi simboli cristiani, quello del pesce, ricorda anche questa esperienza: come il piccolo pesce nell’acqua, così il piccolo cre­dente è immerso in Dio, come nel suo ambiente vitale, che lo avvolge, lo sostiene, lo nutre.
Gesù stava in preghiera ed ecco, ven­ne una voce dal cielo: «Tu sei il Fi­glio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento». Quella voce dal cielo annuncia tre cose, procla­mate a Gesù sul Giordano e ripetu­te ad ogni nostro battesimo.
Figlio è la prima parola: Dio è for­za di generazione, che come ogni seme genera secondo la propria specie. Siamo tutti figli nel Figlio, frammenti di Dio nel mondo, spe­cie della sua specie, abbiamo Dio nel sangue.
Amato. Prima che tu agisca, prima di ogni merito, che tu lo sappia o no, ad ogni risveglio, il tuo nome per Dio è ‘amato’. «Tu ci hai ama­ti per primo, o Dio, e noi parliamo di te come se ci avessi amato per primo una volta sola. Invece conti­nuamente, di giorno in giorno, per la vita intera Tu ci ami per primo» (Kierkegaard).
Mio compiacimento è la terza pa­rola, che contiene l’idea di gioia, come se dicesse: tu, figlio mio, mi piaci, ti guardo e sono felice. Si rea­lizza quello che Isaia aveva intuito, l’esultanza di Dio per me, per te: come gode lo sposo l’amata così di te avrà gioia il tuo Dio (Is 62,5).
Se ogni mattina potessi ripensare questa scena, vedere il cielo azzur­ro che si apre sopra di me come un abbraccio; sentire il Padre che mi dice con tenerezza e forza: figlio mio, amato mio, mio compiaci­mento; sentirmi come un bambino che anche se è sollevato da terra, anche se si trova in una posizione instabile, si abbandona felice e sen­za timore fra le braccia dei genito­ri, questa sarebbe la mia più bella, quotidiana esperienza di fede.

P. Ermes Ronchi

Dio parla la lingua della gioia

remagi02Magi voi siete i santi più nostri, naufra­ghi sempre in questo infinito, eppure sempre a ten­tare, a chiedere, a fissare gli a­bissi del cielo fino a bruciar­si gli occhi del cuore (Turol­do).
Messaggi di speranza oggi: c’è un Dio dei lontani, dei cammini, dei cieli aperti, del­le dune infinite, e tutti han­no la loro strada. C’è un Dio che ti fa respirare, che sta in una casa e non nel tempio, in Betlemme la piccola, non in Gerusalemme la grande. E gli Erodi possono opporsi al­la verità, rallentarne la diffu­sione, ma mai bloccarla, es­sa vincerà comunque. Anche se è debole come un bambi­no.
Proviamo a percorrere il cammino dei Magi come se fosse una cronaca dell’ani­ma.
Il primo passo è in Isaia: «Alza il capo e guarda». Sa­per uscire dagli schemi, sa­per correre dietro a un sogno, a una intuizione del cuore, guardando oltre.
Il secondo passo: camminare. Per incontrare il Signore oc­corre viaggiare, con l’intelli­genza e con il cuore. Occor­re cercare, di libro in libro, ma soprattutto di persona in persona. Allora siamo vivi.
Il terzo passo: cercare insie­me. I Magi (non «tre» ma «al­cuni» secondo il Vangelo) so­no un piccolo gruppo che guarda nella stessa direzio­ne, fissano il cielo e gli occhi delle creature, attenti alle stelle e attenti l’uno all’altro.
Il quarto passo: non temere gli errori. Il cammino dei Ma­gi è pieno di sbagli: arrivano nella città sbagliata; parlano del bambino con l’uccisore di bambini; perdono la stel­la, cercano un re e trovano un bimbo, non in trono ma fra le braccia della madre.
Eppure non si arrendono ai loro sbagli, hanno l’infinita pazienza di ricominciare, finché al vedere la stella pro­varono una grandissima gioia. Dio seduce sempre perché parla la lingua della gioia.
Entrati in casa videro il Bam­bino e sua Madre… Non solo Dio è come noi, non solo è con noi, ma è piccolo fra noi. Informatevi con cura del Bambino e fatemelo sapere perché venga anch’io ad a­dorarlo. Quel re, quell’Erode, uccisore di sogni ancora in fasce, è dentro di noi: è il ci­nismo, il disprezzo che distrugge i sogni del cuore.
Ma io vorrei riscattare le sue parole e ripeterle all’amico, al teologo, al poeta, allo scienziato, al lavoratore, a ciascuno: hai trovato il Bam­bino?
Cerca ancora, accura­tamente, nei libri, nell’arte, nella storia, nel cuore delle cose; cerca nel Vangelo, nel­la stella e nella parola, cerca nelle persone, e in fondo al­la speranza; cerca con cura, fissando gli abissi del cielo e del cuore, e poi fammelo sa­pere perché venga anch’io ad adorarlo.
Aiutami a trovarlo e verrò, con i miei piccoli doni e con tutta la fierezza dell’amore, a far proteggere i miei sogni da tutti gli Erodi della storia e del cuore.

P. Ermes Ronchi

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