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Archivi del mese: Novembre 2013

Dolore e Morte: negazione di Dio? Conferenza – Dibattito

gandolfiniSi è svolto in un affollato Teatro Fellini il convegno sull’impegnativo ed inusuale tema del dolore e della morte, nella ricerca di senso e di speranza per la nostra vita.

Fortemente voluta dalla Parrocchia Sant’Anna, dal comune di Pontinia,  dal Consiglio dei Giovani e dal Forum della Cultura e della Comunicazione Cristiana, la conferenza-dibattito si è posta come momento di riflessione nel contesto di profonda sofferenza della comunità di Pontinia per la morte recente di giovani concittadini, la presenza tra noi di persone disabili e di malati di lunga degenza. 

Con sorpresa degli stessi organizzatori, alle ore 21 il Teatro Fellini si presentava già pieno, con una larga partecipazione di giovani che hanno saputo cogliere l’opportunità per approfondire tematiche esistenziali tanto delicate e dirimenti.

La Direttrice del teatro Paola Sangiorgi dà a tutti il benvenuto dichiarandosi molto soddisfatta della partecipazione ad un dibattito su temi così importanti; il Parroco, Padre Valeriano Montini, è anche lui sorpreso per la vasta risposta all’invito, soprattutto da parte dei giovani e, narrando un aneddoto, ci mette in guardia dal meritare “lo scettro della stupidità” di chi trascura di prepararsi per “il viaggio”. Il Sindaco, Dottore Eligio Tombolillo, si dice molto soddisfatto per questa scommessa vinta grazie alla sensibilità della comunità di Pontinia, nota per la sua accoglienza (e…detto tra noi, di cui lui ci dà l’esempio).

Il Direttore del Forum della Cultura e Comunicazione Cristiana, avv. Roberto De Tilla, si sofferma sull’importanza del “forum”, luogo del dialogo, momento attivo, oggi trascurato a favore della TV e di internet. “Onore a voi tutti – dice – e a tutta la comunità di Pontinia in cui si vive bene, c’è il senso della famiglia, il problema di uno è sentito da tutti. Il forum vuole diffondere il messaggio di Gesù che con la sua esistenza, la sua predicazione, ha capovolto le cose, mettendo al centro la persona.” Infine, il Rappresentante del Consiglio dei Giovani, Matteo Lovato, riflette sulla impossibilità del relativismo e del materialismo di dare risposte alle domande di senso della vita.[…]

Teresa Zicchieri Medici

Continua la lettura: Dolore e Morte Pontinia 15.11.13

Vincere il male con la perseveranza

macerieCon il suo linguaggio a­pocalittico il brano non racconta la fine del mondo, ma il significato, il mistero del mondo. Vange­lo dell'oggi ma anche del do­mani, del domani che si pre­para nell'oggi. Se lo leggiamo attentamente notiamo che ad ogni descri­zione di dolore, segue un punto di rottura dove tutto cambia, un tornante che apre l'orizzonte, la breccia della speranza: non è la fine, alza­te il capo, la vostra liberazio­ne è vicina.
Al di là di profeti ingannato­ri, anche se l'odio sarà do­vunque, ecco quella espres­sione struggente: Ma nem­meno un capello del vostro ca­po andrà perduto; ribadita da Matteo 10,30: i vostri capelli sono tutti contati, non abbia­te paura. Nel caos della storia lo sguardo del Signore è fisso su di me, non giudice che in­combe, ma custode innamo­rato di ogni mio frammento. Il vangelo ci conduce sul cri­nale della storia: da un lato il versante oscuro della violen­za, il cuore di tenebra che di­strugge; dall'altro il versante della tenerezza che salva. In questa lotta contro il male, contro la potenza mortifera e omicida presente nella storia e nella natura, " con la vostra perseveranza salverete la vo­stra vita". La vita – l'umano in noi e negli altri – si salva con la perseveranza. Non nel di­simpegno, nel chiamarsi fuo­ri, ma nel tenace, umile, quo­tidiano lavoro che si prende cura della terra e delle sue fe­rite, degli uomini e delle loro lacrime. Scegliendo sempre l'umano contro il disumano (Turoldo).
Perseveranza vuol dire: non mi arrendo; nel mondo sem­brano vincere i più violenti, i più crudeli, ma io non mi ar­rendo.
Anche quando tutto il lottare contro il male sembra senza esito, io non mi arren­do. Perché so che il filo rosso della storia è saldo nelle ma­ni di Dio. Perché il mondo quale lo conosciamo, col suo ordine fondato sulla for­za e sulla violenza, già co­mincia a essere rovesciato dalle sue stesse logiche. La violenza si autodistruggerà (M. Marcolini).
Il Vangelo si chiude con un'ul­tima riga profezia di speran­za: risollevatevi, alzate il ca­po, la vostra liberazione è vi­cina.
In piedi, a testa alta, liberi: co­sì vede i discepoli il vangelo. Sollevate il capo, guardate lontano e oltre, perché la realtà non è solo questo che si vede: viene un Liberatore, un Dio esperto di vita.
Sulla terra intera e sul picco­lo campo dove io vivo si scaricano ogni giorno ro­vesci di violenza, cadono piogge corrosive di menzo­gna e corruzione. Che cosa posso fare? Usare la tattica del contadino. Rispondere alla grandine piantando nuovi frutteti, per ogni rac­colto di oggi perduto impe­gnarmi a prepararne uno nuovo per domani. Semi­nare, piantare, attendere, perseverare vegliando su o­gni germoglio della vita che nasce.

P. Ermes Ronchi

E’ l’amore che vince la morte

eucharist1La storiella paradossale di una donna, sette volte ve­dova e mai madre, è adoperata dai sadducei come caricatura della fede nella risurrezione dei morti: di quale dei sette fratelli che l'hanno sposata sarà moglie quella donna nella vita eterna?

Per loro la sola eternità possibile sta nella generazione di figli, nella discenden­za. Gesù, come è solito fare quando lo si vuole imprigio­nare in questioni di corto respiro, rompe l'accerchia­mento, dilata l'orizzonte e «rivela che non una modesta eternità biologica è inscritta nell'uomo ma l'eternità stes­sa di Dio» (M. Marcolini).

Quelli che risorgono non prendono moglie né marito.

Fac­ciamo attenzione: Gesù non dichiara la fine degli affet­ti. Quelli che risorgono non si sposano, ma danno e ri­cevono amore ancora, finalmente capaci di amare bene, per sempre. Perché amare è la pienezza dell'uomo e di Dio. Perché ciò che nel mondo è valore non sarà mai di­strutto. Ogni amore vero si aggiungerà agli altri nostri a­mori, senza gelosie e senza esclusioni, portando non li­miti o rimpianti, ma una impensata capacità di intensità e di profondità.

Saranno come angeli.

Gesù adopera l'immagine degli an­geli per indicare l'accesso ad una realtà di faccia a faccia con Dio, non per asserire che gli uomini diventeranno an­geli, creature incorporee e asessuate. No, perché la ri­surrezione della carne rimane un tema cruciale della no­stra fede, il Risorto dirà: non sono uno spirito, un fanta­sma non ha carne e ossa come vedete che io ho (Lc 24,36). La risurrezione non cancella il corpo, non cancella l'u­manità, non cancella gli affetti. Dio non fa morire nulla dell'uomo. Lo trasforma. L'eternità non è durata, ma in­tensità; non è pallida ripetizione infinita, ma scoperta «di ciò che occhio non vide mai, né orecchio udì mai, né mai era entrato in cuore d'uomo…» (1Cor 2,9).

Il Signore è Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe. Dio non è Dio di morti, ma di vivi.

In questo «di» ripetuto 5 volte è racchiuso il motivo ultimo della risurrezione, il segre­to dell'eternità. Una sillaba breve come un respiro, ma che contiene la forza di un legame, indissolubile e reci­proco, e che significa: Dio appartiene a loro, loro appar­tengono di Dio. Così totale è il legame, che il Signore fa sì che il nome di quanti ama diventi parte del suo stesso nome. Il Dio più forte della morte è così umile da ritenere i suoi amici par­te integrante di sé. Legando la sua eternità alla nostra, mo­stra che ciò che vince la morte non è la vita, ma l'amore. Il Dio di Isacco, di Abramo, di Giacobbe, il Dio che è mio e tuo, vive solo se Isacco e Abramo sono vivi, solo se tu e io vivremo. La nostra risurrezione soltanto farà di Dio il Padre per sempre.

P.Ermes Ronchi

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